
Ariele Pittalà si è avvicinato allo yoga anni fa e oggi propone una versione tutta personale dello yoga, messa a punto con diversi maestri e che unisce varie
tecniche apprese negli anni. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare qualcosa di più del suo approccio nei confronti dello yoga.
Ci racconti un po’ di te e di cosa fai?
Sono nato e cresciuto a Roma ma sono sempre stato insofferente alla vita in città; quando ho cominciato ad avere qualche serio problema di salute ho abbandonato le cure tradizionali e mi sono avvicinato ad un centro olistico di medicina integrata. Contemporaneamente ho cominciato a praticare hata yoga con continuità, sino ad arrivare ad una routine giornaliera messa a punto da Betto, un ottimo maestro che tra l’altro allenava anche gli atleti olimpici. Per diversi anni questa è stata la pratica che ho seguito. Ne avevo proprio bisogno, in fondo ero solo stressato. Nello stesso periodo, dopo la laurea in studi umanistici, mi sono occupato d’arte contemporanea, di cinema e teatro; poi ho fatto la scelta di andare a vivere in montagna, di rinunciare a combattere la mia battaglia di valori in un mondo, quella della cultura, che non mi convinceva più.
Come ti sei avvicinato allo yoga?
Per me lo yoga è stato un processo di assimilazione assolutamente naturale, spontaneo, che ha conciso con la personale presa di coscienza che il sapere occidentale era fondato sull’edificazione di un io, o ego, assolutamente fallimentare sul piano della conoscenza personale, e sul piano di un corretto vivere sociale; un modello quello della competizione secondo me assolutamente da scardinare, causa di ogni genere di conflitti e di indiscriminato sfruttamento delle risorse del pianeta.
Che tipo di yoga proponi a te stesso e ai tuoi studenti?
Ho iniziato più di 25 anni fa a cercare stimoli e maestri… in Italia e all’estero, sempre sentendomi insoddisfatto nella mia ricerca, fondamentale è la stata la conoscenza, per un periodo che ho vissuto a Parigi, del mio amico, ex monaco zen, Atsushi Kubo. Egli mi ha fatto conoscere i principi fondamentali di questa grandiosa pratica, incentrata sulla forza autonoma e spirituale dell’essere. Attualmente propongo un metodo frutto di approfondimenti ed incursioni nel più disparati stili di yoga, compreso l’ashtanga yoga, ma con una forte inclinazione all’antico e sacro insegnamento dei Rishi. Il risultato è una serie di sequenze fluide e dinamiche che variano a seconda del livello di competenza degli allievi.
Quali sono i benefici di questo tipo di pratica yoga e chi può praticarlo?
I benefici sono tanti… e aperti a tutti… un corpo più bello e flessibile, salute, maggiore consapevolezza, lucidità della mente. Sopratutto il mio insegnamento verte su questo: – chi sei? dove stai andando?- Rileggendo in un chiave calata direttamente nel presente gli stessi testi sacri.
Dove si può praticare lo yoga insegnato da te?
Ho fatto una scelta un po’ difficile, quella di vivere in un piccolo centro alle spalle della Catena Meridionale del Gran Sasso D’ Italia perché cercavo un territorio vergine, con degli scenari naturali d’incomparabile bellezza. Questo ha comportato in me un certo adattamento e qualche insofferenza alla mentalità di provincia; ma ora le cose stanno cambiando e lo scenario si sta arricchendo di nuovi stimoli. Tengo dei corsi a L’Aquila e in piccoli centri limitrofi e accolgo allievi ed altri ricercatori del vero che vengono dall’Italia e dall’estero per fermarsi un week end o qualche settimana a Castel Del Monte, dove vivo.
Che consigli daresti a chi vuole iniziare la pratica?
Innanzitutto di non consegnarsi a nessun maestro… di cercare sempre, fidandosi più degli stimoli della propria sensibilità ed intelligenza, finché non si trova una persona o una pratica capace di toccare nel profondo certe corde emotive. Lo yoga e la meditazione zazen non sono solo una ginnastica fisica e mentale perfetta ma le uniche risorse attendibili dell’essere in evoluzione. Sintesi perfetta tra oriente ed occidente, tra coscienza e corpo, tra scienza e spiritualità, al di là di ogni illusione e sterile intellettualismo. Chi cerca una felicità duratura non potrà che prenderne atto, mettersi in cammino.
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